Il fegato, al pari dei polmoni, può soffrire di embolia gassosa, le temute ‘bolle’ che possono formarsi durante le immersioni con autorespiratori ad aria: la scoperta, pubblicata sull`American Journal of Physiology e che apre inediti scenari sulla medicina subacquea e iperbarica. La notizia giunge da una sperimentazione appena conclusa dal Centro Extreme, il team multidisciplinare pisano di cui fanno parte i ricercatori dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr) e dell'Istituto di scienze e tecnologia dell'informazione (Isti-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche, dell'Università di Pisa e della Scuola superiore Sant'Anna. La ricerca è stata pubblicata sull’American Journal of Physiology. La conferma della formazione di emboli nel fegato, prima dimostrata da uno studio sul ratto, condotto nel rispetto di quanto disposto dai comitati etici di riferimento, è stata oggetto del programma che il Centro Extreme ha appena svolto nelle acque dell'Asinara, in Sardegna. I ricercatori poi hanno studiato le immersioni sperimentali di alcuni esperti subacquei volontari, svolte secondo un protocollo approvato da un specifico comitato etico-scientifico. La sperimentazione si è svolta su un'imbarcazione attrezzata, in occasione dello stage annuale del Master universitario di II livello in Medicina subacquea ed iperbarica della Scuola Sant'Anna e del Cnr. «Dopo queste prove sperimentali, che hanno dimostrato la possibilità di individuare attraverso un'ecografia l'accumulo di gas nel fegato - osserva l'ingegner Remo Bedini dell'Ifc Cnr - sarà ora importante accertare esistenza, frequenza, tempi di comparsa e durata dell'embolia del fegato nell'uomo, in particolare in quanti praticano l'attività di diving abituale con autorespiratore, per tempi lunghi e a profondità pari o superiori a 30 metri. Grazie alla collaborazione con l'Azienda ospedaliera universitaria di Sassari - aggiunge Bedini - è stata avviata un'indagine specifica per valutare l'eventuale danno epatico con appropriati esami ematochimici, mediante campionature effettuate sul campo». L'ipotesi che i gas intestinali, sottoposti per lunghi periodi alle alte pressioni di immersione, creino potenziali danni per embolizzazione del fegato, viene verificata nell'uomo attraverso una serie di indagini non invasive, tramite ecografia epatica e una sofisticata analisi numerica delle immagini registrate prima e dopo immersioni, svolte per 30 minuti a 30 metri di profondità. Il Centro Extreme ha realizzato negli ultimi anni numerose ricerche in ambienti estremi, dalla simulazione dei viaggi spaziali della missione "Mars 500" a quelle negli abissi subacquei, con l'impiego di inedite strumentazioni e metodiche di indagine in medicina subacquea, fino agli sport quali la prova di triathlon estremo Ironscience 2008. «Queste attività sul campo e gli stage applicativi del Master - conclude Bedini - trovano all'Asinara un ambiente ideale, grazie alla collaborazione con tutti gli enti che operano sull'Isola e alla presenza di un laboratorio biomedico attrezzato allestito nei locali messi a disposizione dall'Ente Parco, grazie al quale è possibile organizzare in mare anche esperimenti molto complessi»
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